venerdì 24 luglio 2009

MICONSENTA - INCONGRUENZE ITALICHE - PALAZZO DEI CONVEGNI, JESI



dal 25 luglio al 2 agosto 2009
inaugurazione 25 luglio ore 18.00
Palazzo dei Convegni
corso Giacomo Matteotti, Jesi (AN)
tel: 0731_56100
ingresso libero
artisti: Hernan Chavàr, Luca De Angelis, Terenzio Eusebi,
Guglielmo Girolimini, Marisa Korzeniecki, Nazareno Luciani,
Laura Monteverdi, Emilio Patalocchi, Augusto Piccioni,
Francesca Pierelli, Giorgio Pignotti, Florinda Recchi,
Matteo Seghetti, Nima Tayebian, Ettore Tavolettti
curatore: Daniele De Angelis
coordinatori: Nazareno Luciani e Guglielmo Girolimini


Gli ampi spazi del “Palazzo dei Convegni” di Jesi accolgono, dal 25 luglio al 2 agosto 2009, i molteplici linguaggi dell’arte contemporanea; differenti generazioni a confronto per mostrare attitudini eterogenee e complesse, poetiche alternative rispetto al precostituito. Promossa dalla Circoscrizione 1 del Comune di Jesi, la mostra collettiva MICONSENTA – Incongruenze italiche, si avvale del coordinamento artistico di Nazareno Luciani e Guglielmo Girolimini, e della cura di Daniele De Angelis.

“Un'espressione di cortesia, impiegata da un interlocutore per prendere parte in un discorso iniziato da altri, può subire trasformazioni inaspettate e travianti, capaci di stravolgerne il senso originario, fino alla negazione. “Mi consenta”, mi conceda, ceda a me, in tre passaggi si compie la mutazione: da locuzione cortese ad ambigua richiesta di sottomissione. (...) Non tutto, però, frana con arrendevolezza a questi imperativi, soprattutto dove una visione più complessa della realtà non si annulla. Le forme del pensiero e dell'arte, non ancora aggiogate, mettono in atto intenzionalità differenti, “dissentendo” da ogni costrizione coatta. Dal corpo alla natura, dal reale all'astratto, l'arte non cede alle richieste di adeguamento, ma “incide” la propria presenza come alterità destabilizzante.” (dal testo introduttivo di Daniele De Angelis)

L’inaugurazione dell’esposizione è prevista per il 25 luglio 2009 alle ore 18.00
La mostra sarà visitabile tutti i giorni dalle 18.00 alle 21.00 fino al 2 Agosto 2009

Gli artisti coinvolti sono: Hernan Chavàr, Luca De Angelis, Terenzio Eusebi, Guglielmo Girolimini, Marisa Korzeniecki, Nazareno Luciani, Laura Monteverdi, Emilio Patalocchi, Augusto Piccioni, Francesca Pierelli, Giorgio Pignotti, Florinda Recchi, Matteo Seghetti, Nima Tayebian, Ettore Tavolettti.

giovedì 23 luglio 2009

KASPITERINA - ARTISTI DA MATTI - EMANUELA FALASCHETTI - RISTORANTE BORGO ANTICO, GROTTAMMARE ALTA




dal 23 luglio al 8 agosto 2009
inaugurazione 23 luglio ore 19.00
Ristorante Borgo Antico
via S. Lucia n.1, Grottammare Alta (AP)
ingresso libero
artista: Emanuela Falaschetti
curatore: Simonetta Angelini
coordinatore: Nazareno Luciani

Uno spazio suggestivo ed inusuale, una affascinante terrazza sul mare diventa luogo di vicinanza e dialogo tra l’ arte contemporanea emergente e il territorio con le sue ricchezze. Il ristorante Borgo Antico, nel paese alto di Grottammare, diventa luogo di cultura, divertimento, incontro, convivialità e occasione di gustare buon vino offerto dalle Cantine Piceni Invisibili.
Un progetto di possibilità, visibilità e confronto ormai tradizione da diversi anni. Il progetto di avvicinamento tra arte e buon cibo è coordinato nella stagione 2009 da Nazareno Luciani.
La rassegna dal titolo KASPITERINA - Artisti da matti comprende otto appuntamenti con cadenza quindicinale, in cui giovani artisti e curatori si confronteranno con la suggestione dei luoghi e dei sapori.
Dopo i primi appuntamenti con Giorgio Pignotti , Nima Tayebian, Florinda Recchi e Marinela Asavoaie, giovedi 23 luglio alle ore 19.00 si inaugura la personale di Emanuela Falaschetti presentata da Simonetta Angelini.

Il mondo dell’infanzia violata diviene oggetto di riflessione nella pittura di Emanuela Falaschetti presentata da Simonetta Angelini. Ogni ombra trasversale, quasi di ricordo remoto e ogni linearità a sottrarre attraversa atmosfere sospese come il tempo della fanciullezza, inquiete come una fiaba spaventosa in cui il lupo cattivo non viene sconfitto. Il gioco diviene la rappresentazione senza consistenza degli incubi di un immaginario arcano, delle sovrastrutture di un mondo adulto impositivo, brutale, ipocrita. Gli innocenti hanno il silenzio, hanno le immagini…

La rassegna proseguirà per tutta l’estate con cadenza regolare. Il Borgo Antico proporrà di seguito i lavori di Hernan Chavàr, Silvia Mariotti, Luca De Angelis, Daniele Camaioni, Giulia Corradetti, Nikolic Nemanya e Agnese Casolani. Gli artisti si confronteranno con giovani curatori e intellettuali: Simonetta Angelini, Dario Ciferri, Daniele De Angelis, Filippo Massacci, Alessandra Morelli che si avvicenderanno nella presentazione degli artisti.

lunedì 20 luglio 2009

CRITICO E TESTIMONE - di Daniele Maria Pegorari

Scrivevo, in Critica della separazione ("La Gru" n.5, giugno 2008): Si potrebbe, tanto per restare nel panorama della critica letteraria, riequilibrare l’approccio neo-formalista proprio degli ultimi decenni di critica letteraria italiana con una rinnovata attenzione ai nuclei tematici e filosofici dell’opera. Insegnare agli esordienti, che per mezzo di tale critica dovrebbero farsi le ossa, che poesia è spirito incarnato nella musica e non solo “struttura”. Che ogni tecnica poetica è un’azione tentata sul corpo del mondo. Che enjambement è superamento del dualismo, e non solo “forma”. Insomma: sarà mai possibile parlare di un libro di poesia italiana contemporanea come in altri tempi si è parlato di un libro di Blok o di Genet, e cioè capendone le azioni filosofiche a cui rimandano determinate scelte stilistiche? In nessuna autorevole rivista di cinema o di teatro troveremo mai una recensione ridotta a lista neutra di scelte tecniche di fronte alle quali il recensore si trova: o a subridere, se tali scelte non soddisfano le proprie aspettative canoniche; o, se altrimenti soddisfatte, a plaudire calorosamente. Perché mai allora il mondo della poesia dovrebbe accettare tale riduzione e tale marginalizzazione all’interno del dibattito culturale? Siamo proprio soddisfatti di questo macchiettistico auto-esilio? Ecco, io credo che sia giunta l’ora di “tornare in patria”, checchè ne dicano i vecchi savi del Canone tardo-novecentesco, a partire dalla messa in discussione di “problemi transdisciplinari” da condividere con altri ambiti delle “culture contemporanee”.

Questa mattina i miei interrogativi hanno avuto, finalmente, una risposta.

La risposta si chiama: Critico e testimone. Storia militante della poesia italiana 1948-2008, di Daniele Maria Pegorari (Moretti e Vitali 2009, pp. 584, euro 25).

Consiglio a tutti i redattori e a tutti i lettori de "La Gru" l'acquisto e la lettura di questo straordinario Libro di storia, estetica e filologia della poesia italiana contemporanea.
Finalmente, dopo trent'anni di faziosità scolastiche, cattoliche e post-avanguardistiche, e di separazioni letterarie, un'Opera completa di studio e di analisi delle forme, dei contenuti e delle operazioni filosofiche di sessant'anni di poesia italiana contemporanea.

Davide Nota


*

Critico e testimone. Storia militante della poesia italiana 1948-2008
di Daniele Maria Pegorari
(Moretti e Vitali 2009, pp. 584, euro 25).

Sommario
Aprile 1948: l'incipit, di Rocco Scotellaro e Vittorio Sereni

Introduzione: prospettive della lirica contemporanea


I. LE PREMESSE

La regressione delle forme letterarie
: la bucolica di D'Annunzio e Pascoli
1. Costituzione di un architesto

2. Pascoli, "ultimo figlio di Vergilio"
3. Venere nel dominio di Cesare

La regressione psichica di Dino Campana

La regressione linguistica del Cabaret Voltaire


II. LA METAFISICA

Melanconia e musicalità di Giorgio Caproni

Mario Luzi e l'ermetismo fiorentino

Vittorio Sereni e la linea lombarda

Il post-modernismo: Conte, Lenisa, Verbaro, Viviani, Ermini

La linea di fuga di Matteo Bonsante

La poesia ragionativa: Insana, Ruffilli, De Angelis, Ladolfi, Rondoni

Leonardo Mancino, la scienza e l'utopia


III. LO SPERIMENTALISMO

L'empirismo di Pier Paolo Pasolini

1. Dal mito friulano ai viaggi nel Sud

2. La compiuta incompletezza dell'ultimo Pasolini

Metrica e allegoria nella poesia civile di Paolo Volponi

Edoardo Sanguineti e la neoavanguardia

L'ecosofia di Cesare Ruffato


IV. NEO-DIALETTALITA' E PLURILINGUISMO

Una bucolica metropolitana

1. Prospero e Calibano o del poeta bilingue

2. Innocenza e neo-dialettalità

3. Il fauno in Andalusia

La neo-dialettalità nella storiografia letteraria

La "tradizione" neovolgare: Pierro, Loi, Finiguerra, Scalvini

Plurilinguisti: Zanzotto, Serrao, Lucrezi, Moretti
Lino Angiuli e il postrurale


V. IL REALISMO

Vittorio Bodini e "L'esperienza poetica": l'opposizione all'ermetismo

1. Vittorio Bodini, dal neorealismo al surrealismo gitano e mediterraneo

2. "L'esperienza poetica" negli "anni degli equivoci"

3. Poesia e anagrafe

4. I conti col passato

Elsa Morante tra Storia e favola

Attilio Bertolucci e il culto della tradizione

Premessa per un testamento secolare: la storia, il quotidiano, il corpo

La poesia civile: Fortini, Ingrao, Risi, Raboni, Rosato, D'Elia

La poesia del quotidiano: Erba, Giudici, Crovi, Piersanti, D'Amaro, Olivieri

La poesia del corpo: Bellezza, Cucchi, Oldani, Bertoni, Magrelli


Aprile 2008: l'explicit, di Lino Angiuli e Gianni D'Elia

venerdì 10 luglio 2009

DASTRAMONIO e GULINO/RICO/SCORZA


LETTERA A NESSUNO, O A TUTTI.
Il lavoro e gli sforzi, la passione di Dastramonio e di Gulino-Rico-Scorza...

[di Maurizio Inchingoli]



"NON SCRIVERTI
tra i mondi,
tieni testa
alla varietà dei significati,
fidati della traccia di lacrime
e impara vivere"

Paul Celan, "Sotto il tiro di presagi".



[ I -sentita- ègloga ]

Uno sforzo, la passione, la rincorsa utopicamente intrapresa verso la perfezione. Questo ed altro ancora contraddistingue queste entità umane, o meglio post-umane, che lavorano ai fianchi, di lato, come degli scultori della forma e del pensiero attraverso immagini, proiezioni, suono, emozioni; quella che prendiamo in esame in questa sede è la descrizione tutta utopica, ripetiamo, ed indecifrabile di un gruppo di persone che lavora assieme da tempo, rispettando le diverse peculiarità artistiche dei singoli, e che prende forme inconsuete attraverso un intrecciarsi di rapporti di amicizia che portano a risultati che molto spesso rasentano una sorprendente vitalità artistica e, ribadiamo, umana. Proviamo a descrivere forse in maniera un po' sommaria ma sinceramente appassionata queste persone vicine e pensanti, di cui avvertiamo il peso dell'anima.
Il progetto Dastramonio è una variabile impazzita di menti diverse ed eterogenee: quella del corpo di Rita Deiola, guidata dalla mente costruttiva (delle cose) di Federica Falancia, e ricamata dalla musica che avvolge il tutto di Alessandro Gulino e Vincenzo Scorza.
Il lungo viaggio comincia alcuni anni fa, precisamente nell'anno 2004, con l'opera "Feritoie", come a ribadire la necessità tutta carnale di incunearsi in un mondo fatto di sofferenza e di ricerca del/nel dolore, un patologico ri-cercarsi e non trovarsi.
L'anno successivo è la volta di "Prospettiva Curiosa", un monumentale movimento sordo e cinematico che ci ha sorpresi fin dalla prima volta che ne abbiamo visionato le gesta anche attraverso il canale di diffusione per eccellenza come può essere solo l'onnipresente YouTube. A questo proposito ammiratene un piccolo frammento a questo indirizzo:
http://www.youtube.com/watch?v=Nn0ai7WI2WI .
Scrivevamo tempo fa proprio su questo lavoro le seguenti parole.

"Prospettiva curiosa"
"Forze che spingono materia carnale, la pesantezza dei corpi, una muta dimostrazione di energie cinetiche. Come un vento cristallizzato, agghiacciante, vortice che evoca, ma non trova, il silenzio. Un sibilo forse, e l'autismo come condizione fisica ultima; un incubo infinitamente post-lynchano, un viaggio alla fine del mondo, catapultati in una stanza a forma di scatola sonora nella quale la voce sbatte a forza di lambire i muri. Un confine oscuro, con i suoni e la luce circolare che si fanno afoni, trogloditi, elementari e neanderthaliani. Un ritorno al nucleo centrale della terra dove tutto è magmatico, mesmericamente camuffato. Come una trasfigurata, livida, opera lirica del dopo-bomba. La luce scolpisce, la voce emana, l'uomo finisce i suoi giorni alla ricerca di una fine che mai troverà, una condanna lo costringe a deambulare all'infinito."

Ricordiamo che questa video-installazione in anamorfosi è stata presentata quello stesso anno al Teatro Stabile di Potenza all'interno del Potenza Film Festival, evento che ha segnato davvero una fase di cambiamento per le ragazze ma anche per una regione di solito fuori dal circuito degli spettacoli che contano nel Belpaese.
Nell'anno 2006 è la volta di "Danza alla rovescia", performance che viene architettata sulla base di un progetto-studio richiesto dalle sedi del Sert di Saluzzo e di Fossano, in provincia di Cuneo.
Dopo un altro progetto, "Dal niente verso", del 2007, ecco che approda sulla terra uno studio sinceramente dark, dalle forti striature blu e nere, "Circùìto Studio I", il lavoro con la quale veniamo a contatto definitivamente con l'entità Dastramonio, una simbiosi prima di tutto umana e poi artistica, arricchita della presenza di un valido e silenzioso musicista-sound-designer siciliano che risponde al nome di Alessandro Gulino. Anche di questa opera è possibile vedere un breve stralcio su YouTube al seguente indirizzo:
http://www.youtube.com/watch?v=9KjnXV9rTgA .
E scrivevamo a tal proposito poco tempo fa queste sanguinanti parole.




"Circùìto Studio 1"
"La luce si fa effimera pennellata oscura, a solcare una serie di traccie murarie che si muovono epilettiche, nervose, imprendibili. Il corpo assume uno spastico movimento, in un continuum di costruzioni fisiche che combattono animalesche contro la natura selvaggia di nitriti argentei, metallici, come in una sinfonia post-industriale senza tempo. La paura, l'inconscio, la voluttà dei corpi, una fine... Come una fiamma che pian piano si spegne e odora di zolfo. Come quei fuochi che si affievoliscono da lontano in una insolita discarica. Clangori, costrizioni, perdita di spazio nell'ignoto."

Una performance che ci ha colpiti alquanto, nella consapevolezza però che bisogna sempre cercare la perfezione formale e visuale, fermo restando che non è così semplice arrivare ad una sintesi perfetta. Lo sforzo di Dastramonio è caratterizzato da un incedere mellifluo che si nutre di deviazioni, scatti in avanti, pentimenti e riflessioni profonde. Che vengono sublimate nell'ultima opera in progress appena presentata alla ultima edizione di Peraspera Festival, happening teatrale deviante dell'estate bolognese.
La più recente fatica-parto doloroso del combo si chiama infatti "Kid", ed è una proiezione in forma di immagini che si scontra e si specchia col corpo snodato ed ossuto di Rita Deiola, spina dorsale per eccellenza, in una proiezione che sa tanto di amplesso corporeo ed immaginifico con l'ectoplasma di una bimba che sale su di una corda e che cade in un abisso incanalato nella musica elettronica sorda, ebete, metallica ed argentea di Alessandro Gulino. Un lavoro che necessita sicuramente di costanti aggiustamenti tecnici, soprattutto nella parte dedicata alla f(r)ase testuale che accompagna la performance. Un sussulto, un respiro ci colpisce maggiormente durante l'esibizione, alla quale abbiamo avuto l'onore di assistere già un paio di volte: è l'incessante, sensuale ed epilettico fiatare stanco del corpo sardo della protagonista dello studio.
Aggiunto alla musica, che già nella esibizione successiva subisce un processo di metamorfosi che apprezziamo maggiormente. Ci auguriamo altresì che ci sia la possibilità di una dimostrazione più fisica di quest'ultima loro fatica in uno spazio più consono, più grande, come a volersi perdere finalmente nei meandri di un suono che si fa corpo ed immagine, e che si proietta in questo privatissimo spazio siderale alla quale assistiamo muti ed affascinati. Questo il breve testo che accompagna lo studio-installazione.

"...nessuno pareva curarsi della mia presenza, finchè ad un tratto, nel cassone di un camioncino aperto, vedo una bambina. Era sbattuta lì come un pesce appena pescato. Muoveva solo gli occhi. Io l'ho guardata un attimo e poi ho continuato a camminare, volevo lasciare presto quel posto e arrivare in tempo al ristorante.
Non dici nulla.
Ti rendi conto?
...e l'ho lasciata lì, ma a questo, ci ho pensato dopo."

Il viaggio di Dastramonio certamente non finisce quì. Guai a pensarlo solamente, ci auguriamo perciò che possa proseguire con quel nervosismo, quella tensione che sembra essere la giusta molla che fa andare avanti queste menti pensanti della quale abbiamo un gran bisogno, altrimenti non avrebbe senso nulla, non ci sarebbe nulla da ribadire, saremmo corpi stupidi immersi nel magma quotidiano, presi dalla necessità di sopravvivere, dimenticando che invece è necessario, vitale, alimentare i nostri neuroni, evocare il viaggio, rifocillare le sinapsi, i circuiti, le membra...



[ II -sentita- ègloga]

Membra e meningi, fibre umane che si emozionano ad assistere alla performance di un trio speciale, a nome Gulino/Rico/Scorza nato da pochissimo tempo.
Dai software di Alessandro Gulino e di Vincenzo Scorza escono suoni eterei che accompagnano la voce davvero notevole di Rocìo Rico Romero, tripla R che ci accompagna nelle lande di una terra lontana, quella andalusa dalla quale proviene. Nella performance "Alba" sentiamo arrivare da molto lontano, da uno spazio siderale, una voce che sprigiona inquietudine, con la faccia sofferta della singer spagnola che quasi miracolosamente cerca di tenere insieme i cocci di una distruzione interiore; una drammatica paresi emozionale l'accompagna durante la breve ed intensa performance. L'abbiamo vista già un paio di volte in azione e la convinzione che da quelle parti ci sia della stoffa, della classe, ci convince sempre più.
Sembra a tratti di vivere le intense atmosfere di quella famosa scena che vediamo atterriti ed al contempo affascinati in Mulholland Drive di David Lynch, dove Rebekah Del Rio canta, rapita, una mostruosa versione di Llorando (Crying) di Roy Orbison, e nella quale affondiamo morbidamente, ma anche morbosamente, morbid, come si dice da quelle parti. Quasi In Heaven, come nel pezzo che accompagna le sorti di Eraserhead, l'aria si fa intensamente noir, nel senso tutto europeo del termine, racchiusa cioè in quella tristezza flamenca tipicamente andalusa, donchisciottesca, robotica ed aliena. Come alieni sono i suoni, le folate di vento elettronico che accompagnano questa voce angelica che vorremmo sempre più possente, acuta, disperata; ma le premesse ci sono tutte, come a voler decantare ancora, ed ancora, il vuoto e il silenzio.
Nell'evocazione delle cose, nel viaggio al termine della notte di questo trio davvero convincente, per approdare all'alba, alla fine di una inquieta, tremante e sognante notte, con le lenzuola spiegazzate dai movimenti quasi spastici del sogno. Ci muoviamo tristi e sorridenti tra le maglie di un suono-eco che aspira alla redenzione ed al silenzio.
Scrivono gli autori di questo coraggioso progetto.

"Alba è una nascita continua ed inarrestabile di vortici acustici. Dalla prima nota e dalla prima vibrazione vocale scatta una seduzione sonora in continuo feedback. E' un lavoro da svolgere in assoluta improvvisazione, dal vivo.
La vocalità flamenca esaltando l'aspetto passionale delle composizioni, imbastisce le tessiture vocali e il disegno sonoro con i diversi stati emotivi (malinconia, passione, frenesia...) e insieme alla musica elettronica, malleabile e stranamente calda, danno vita ad ALBA."

Aggiungiamo sicuri che tutto ciò è pura, sincera onestà, apparato musicale e di vita che accompagna le anime in pena, come in un ipotetico girone dantesco che facciamo fatica a collocare in uno spazio-tempo. Siamo all'Inferno o in Paradiso? Il Purgatorio è un limbo per eccellenza, la terza via, e queste creature sembrano abitare scomodamente questo passaggio, avvertendoci della imminente caduta all'indietro verso un infernale rifugio gassoso. La voce di Rocìo Rico Romero ci canta della passione, del passato, della pare(nte)si emozionale di tornare indietro nei ricordi, aspirando però ad una salvazione che sembra lontana, anelata di continuo ed irragiungibile. Ma sempre lì, ferma come una chimera, un tromp l'oeil che scorgiamo e non vediamo del tutto, un'oasi di piacere che forse non raggiungeremo mai. Ma a noi non importa tutto ciò, a noi importa di intraprendere solo questo viaggio, su questa terra, accompagnati da una figura prometeica posta su di una lontana radura, ed appoggiarci fisicamente al palo del destino. Ed aspettare che passi la tempesta. A riveder le stelle; dopo però che sarà passata l'alba, e dopo che si sarà consumato un altro, misero, giorno...








POST SCRIPTUM

Durante la stesura di questo scritto/non sappiamo ancora cosa sia, abbiamo ascoltato, quasi costretti dagli eventi, la colonna sonora di Mulholland Drive, film-rebus di David Lynch, nostra passione e croce ideologica, e ringraziamo le orchestrazioni quasi insostenibili, commoventi di Angelo Badalamenti. Ci sembrava il modo migliore per celebrare sulla distanza il buio e la luce, la morte e la resurrezione, la nascita ed il feto che è racchiuso dentro ognuno di noi. La chiave di quella scatola umana che siamo...



http://dastramonio.altervista.org/

http://www.myspace.com/gulinoalessandro

http://www.myspace.com/babelia3

http://www.myspace.com/mopcortex









mercoledì 8 luglio 2009

CORPUS DOMINAE - COMPLESSO MONUMENTALE DI S. AGOSTINO, MONDOLFO


dal 10 luglio al 2 agosto 2009
inaugurazione 10 luglio 2009 ore 21.00
Complesso Monumentale di S.Agostino
via Cavour, Mondolfo (PU)
+39 0721 959677
spongecomunicazione@gmail.com
orario: venerdì sabato e domenica 21,00 - 23,00
e su appuntamento

autori: Marco Bernacchia, Giacomo Carnesecchi, Francesco Diotallevi,
Giovanni Gaggia, Alessandro Giampaoli, Francesca Pazzaglia,
Massimiliano Robino, Barbara Nati, Luca Sguanci

curatore: Cristina Muccioli
comunicazione e cura del catalogo : Sponge ArteContemporanea
www.spongeartecontemporanea.net
Patrocini: Provincia di Pesaro e Urbino, Comune di Mondolfo,
S.P.A.C Sistema Provinciale d’ Arte Contemporanea




Il centro d’Arte Contemporanea MAC (Marotta/Mondolfo Arte Contemporanea) presenta: Corpus Dominae collettiva di Marco Bernacchia, Giacomo Carnesecchi, Francesco Diotallevi, Giovanni Gaggia, Alessandro Giampaoli, Francesca Pazzaglia, Massimiliano Robino, Barbara Nati, Luca Sguanci a cura di Cristina Muccioli

Dopo la mostra Cassandra, dedicata la scorsa estate al presentimento femminile e soprattutto alla mancanza di ascolto del vero messaggio in cui ogni donna identifica la sua esistenza, una collettiva sul corpo femminile.
Attraverso dieci artisti e le loro opere: fotografie, dipinti, istallazione e un film, questo corpo si sgrava della pesantezza definitoria e dogmatica assegnatagli dall’opinione comune. Il corpo lascia spazio con le immagini alle immagini che di esso si hanno. La donna torna a essere Domina, e lo fa riappropriandosi di un corpo, donatole dagli artisti.
E’ un simulacro veritiero, quello dell’arte. L’artista non raffigura mai, ma interpreta.
La risposta affascinante e polimorfa di che cosa sia il corpo della donna nell’era contemporanea, non fa che suscitare in noi altre domande, per farci riscoprire il piacere della contemplazione.

L’evento si inaugurerà Venerdì 10 Luglio 2009 alle ore 21.00 presso il Salone Aurora del Complesso Monumentale di S.Agostino di Mondolfo (PU) e sarà visitabile fino al 2 agosto.

sabato 4 luglio 2009

KASPITERINA - ARTISTI DA MATTI - MARINELA ASAVOAIE / FLORINDA RECCHI - RISTORANTE BORGO ANTICO, GROTTAMMARE ALTA


Marinela Asavoaie

Florinda Recchi

dal 5 luglio al 22 luglio 2009
inaugurazione 5 luglio ore 19.00
Ristorante Borgo Antico
via S. Lucia n.1, Grottammare Alta (AP)
ingresso libero
artisti: Marinela Asavoaie
Florinda Recchi
curatore: Filippo Massacci
coordinatore: Nazareno Luciani


Uno spazio suggestivo ed inusuale, una affascinante terrazza sul mare diventa luogo di vicinanza e dialogo tra l’ arte contemporanea emergente e il territorio con le sue ricchezze. Il ristorante Borgo Antico, nel paese alto di Grottammare, diventa luogo di cultura, divertimento, incontro, convivialità e occasione di gustare buon vino offerto dalle Cantine Piceni Invisibili. Un progetto di possibilità, visibilità e confronto ormai tradizione da diversi anni.

Il progetto di avvicinamento tra arte e buon cibo è coordinato nella stagione 2009 da Nazareno Luciani.

La rassegna dal titolo KASPITERINA - Artisti da matti comprende otto appuntamenti con cadenza quindicinale, in cui giovani artisti e curatori si confronteranno con la suggestione dei luoghi e dei sapori.

Dopo i primi appuntamenti con Giorgio Pignotti e Nima Tayebian presentati da Daniele De Angelis e Dario Ciferri, domenica 5 luglio alle ore 19.00 si inaugura la doppia personale di Marinela Asavoaie e Florinda Recchi presentate da Filippo Massacci.
Due linguaggi diversi per declinazioni complementari della contemporaneità.

La rassegna proseguirà per tutta l’estate con cadenza regolare. Il Borgo Antico proporrà i lavori di, Emanuela Falaschetti, Hernan Chavàr, Silvia Mariotti, Luca De Angelis, Daniele Camaioni, Giulia Corradetti, Nikolic Nemanya e Agnese Casolani. Gli artisti si confronteranno con giovani curatori e intellettuali: Simonetta Angelini, Dario Ciferri, Daniele De Angelis, Filippo Massacci, Alessandra Morelli che si avvicenderanno nella presentazione degli artisti.

giovedì 2 luglio 2009

SULL'AUTOMA



SULL’AUTOMA

Appunti a margine del lavoro di Carlo Sini
L'uomo, la macchina, l'automa
Torino 2009
pp. 124
euro 14




Il movimento, il segnale e il segno



Carlo Sini è tra i più importanti e decisivi pensatori contemporanei. Attentissimo, nella mole immane della sua ricerca a focalizzare il pensiero su argomenti tanto problematici quanto ficcanti del contemporaneo. E la sua ultima pubblicazione, da questo punto di vista, non smentisce la regola.

È infatti uscito quest’anno, per Bollati Boringhieri, un suo volume, L’uomo, la macchina, l’automa: dal sottotitolo, “lavoro e conoscenza tra futuro prossimo e passato remoto”. Un libro importante, tanto per i temi trattati che per la sconcertante capacità si sintesi dello stesso Sini, nello scrivere una panoramica di un argomento che è la vertigine e la dannazione della società attuale post-fordista: l’automazione, la tecnologia, nel suo senso più originario e nella sua deriva giornaliera.

Scrive Carlo Sini, nel primo capitolo del libro: ‹‹in principio è il movimento, si potrebbe dire, ovvero ciò che fa differenza. Qualcosa si muove e muove qualcos’altro, e così via. È indifferente che quel qualcosa che si muove tu lo chiami Dio, materia, evoluzione ecc. È indifferente che si tratti della mano dell’uomo o del suo piede o ancora della sua cosiddetta volontà; è lo stesso che si tratti dell’acqua del torrente, del vento nella vallata o della ruota dei mulini, quei mulini che da lontano sembrano giganti che agitano le braccia. Indifferente è la qualità del principio, se il principio è il movimento, la sua azione; infatti tutto ciò che ne puoi dire e pensare viene dopo e per sua diretta conseguenza. In principio è l’azione ed è in virtù di questa azione che poi la si qualificherà, per esempio nella differenza del nome. Nel qualificare, l’azione è già in azione, in una sua figura, differenza o conseguenza in atto››.

Dal movimento poi scocca come “automatica” una proiezione retroflessa su ciò che tale energia “investe”. E qui il discorso di Sini inizia a farsi suggestivo, coinvolgente. Perché si passa dal movimento alla protesi. In maniera spiazzante.

Che cos’è difatti la “protesi”? La parola, nel suo essere polisemico, rimanda a due verbi greci, protithemi (mettere innanzi, presento, espongo, assegno) e prostithemi (pongo appresso, accosto, aggiungo, convengo, aderisco). E da qui in poi Sini svela la doppiezza del corpo…

Anzitutto nel senso che la sua azione piega il mondo ai suoi fini. Viene dal mondo, è mondo, ma anche usa il mondo […]. Ma, per altro verso, nell’agire il corpo discrimina l’azione del mezzo: è così che il corpo si fa doppio. Discrimina l’azione del mezzo, ma anche, proprio distinguendoli, in certo modo li unifica. Agendo il corpo distanzia da sé il mondo e insieme lo approssima. È mondo che si staglia nel mondo, che vi prende posto. Sebbene provenga dal mondo e non sia altro che mondo, il corpo, agendo, discrimina dal mondo lo strumento, il mezzo (e anche il contesto), rispetto al fine dell’azione.
[…] Il corpo in azione, potremmo concludere, fa di se stesso una ‹‹protesi››.


Giocoforza, ora, non si può non avere la “tentazione” di intersecare le riflessioni siniane sul tema, a alcune logiche “variazioni”. E lo spunto ce lo da l’antropologia, a proposito delle tecniche del corpo, voce tra le più importanti nel panorama della “grammatica” e delle “patografie” del corpo umano.

Il CORPO, sosteneva Mauss (1936), è il primo e più naturale degli utensili umani. A partire da questa considerazione egli dava avvio allo studio del carattere culturalmente determinato e socialmente appreso dei movimenti (nuoto, marcia ecc.) e delle posture corporee, sottolineandole sia l’intrinseca variabilità etnografica, sia l’evolversi nel corso del CICLO DI VITA individuale.
Le tecniche del corpo possono essere qualificate con due attributi: “tradizionali” ed “efficaci”. E, inoltre, i movimenti possono comunicare significati (COMUNICAZIONE, SIGNIFICATO) senza che siano presenti quelle funzioni di codificazione e simbolizzazione che precedono il LINGUAGGIO e per comprenderli non è sufficiente sapere di che cosa costituiscono il SEGNO. Spesso essi dicono più delle parole, e nel contesto del RITUALE permettono di trascendere le distinzioni che dominano nella vita quotidiana. Bourdieu (1977) individua una stretta relazione fra l’ordine produttivo, tecnico e sociale e le posture corporee. Si assiste infatti a una sorta di somatizzazione della CULTURA, grazie alla quale le fondamentali opposizioni da cui essa risulta costituita vengono affidate in forma abbreviata alla MEMORIA dei corpi.


Come legge invece Sini la triangolazione “corpo”, “segno”, “memoria”? Certamente, da un punto di vista, semiologico, memore della lezione "praticata" di C. S. Peirce, che vede il ruolo fondamentale come medio aristotelico del segno stesso. Difatti, ‹‹il segnale non significa; il segnale soltanto sostituisce senza ‹‹rappresentare››. Per esempio, il ringhio di un cane segnala a un altro cane la sua ostilità. Il secondo cane, diceva George Herbert Mead, non è per questo in grado di pensare ‹‹quel cane mi è ostile››; il secondo cane prende il ringhio semplicemente come un segnale che lo induce a una reazione di paura e di fuga; oppure a una reazione aggressiva. C’è un accomodamento reciproco nell’azione dei due cani (aggredire, fuggire, inseguire ecc.), ma nessuna ‹‹comprensione›› di ‹‹significati››. Il segno invece veicola significati che suscitano abiti di risposta ‹‹comprensivi›› (non solo agisco, ma ‹‹so›› cosa tu intendi e cosa io faccio rispondendo). Ma che cos’è un ‹‹significato››? Utilizziamo in proposito la soluzione proposta da Peirce (l’unica a mio avviso davvero convincente): significato è ciò che caratterizza l’ ‹‹abito di risposta››, inteso come ‹‹ciò che si è pronti a fare in comune››. […] La definizione poggia su quell’ ‹‹in comune›› (ciò che si è pronti a fare in comune). Ora, anche la macchina è ‹‹pronta a fare››; a suo modo è dotata di abiti di risposta; al suono toc apre lo sportello di destra e fa cadere un numero pari di biglie ecc. Non ha però modo né di spiegare né di spiegarsi che cosa fa, non può renderne conto né rendersene conto, non può dire: ‹‹ma perché sono pari…››. Che lo fa è tutto; non può però aggiungerne la ragione: perché sono pari, appunto››.

Sini a questo punto è chiaro, stabilendo che sia solo il segno ha implicare una “comunità linguistica” (il segno, non una lingua, qualsiasi lingua – concetto più vago di quel che possa sembrare, se dissociato dai rispettivi fenomeni etnici e storici). Il gesto perciò, essendo dello statuto del “segnale”; indica. Mentre il segno significa. E da questo aspetto pare allora chiaro come sia una immagine, che una parola, possono essere nello statuto del segno in quanto, seppur nelle diverse loro modalità, sono significanti.

In una comunità linguistica si è pronti a fare qualcosa in comune in base a risposte retroflesse, cioè in base a risposte che hanno come referente lo stesso locutore (il quale proprio per questo è un locutore, vale a dire che egli è in grado di dire contemporaneamente a se stesso ciò che significa agli altri). La condivisione del fare è accompagnata da una condivisione del sapere (ciò che si fa). È in tal modo che le risposte frequentano significati, hanno significato, sono significative. Possono infatti spiegarsi, dar conto, dire perché.

E, aggiungiamo noi con umiltà, possono “lavorare” sulla piega, sul ri-piegamento, sul dis-piegamento del senso. E dei sensi.

Gianluca Pulsoni