lunedì 14 dicembre 2009

La violenza fa vomitare (di Davide Nota)

LA VIOLENZA FA VOMITARE


La foga è stupida. L’odio deprimente. La violenza meschina, fa vomitare. Compiacersi di essa è brivido di gelo, semplicemente atroce e disumano.

Calpestare l’oblio è calpestare questo clima di odio, alimentato da tutti i populismi che nello scontro emotivo e nell’alta tensione da guerra civile embrionale, ricavano consenso, rinsaldano le fila.

Ma il male generale può pagare l’interesse privato, il particolare? Solo per un colonnello golpista, un boss mafioso, o per un terrorista la cui attività di destabilizzazione è finalizzata al fascismo.
Calpestare l’oblio è calpestare questa tristezza infinita, questa desolazione avvilente, di una parte di società civile che antepone la foga al pensiero, il disprezzo alla speranza, il ventre al cuore, le viscere alla mente.

Soprattutto e con ogni forza
non cederò alla tentazione
di opporre disprezzo al disprezzo
nonostante tutto vorrò praticare il coraggio e l'amore.
Ho voglia di stare al mondo e lottare. (Raimondo Iemma)

Anch’io ho voglia di stare al mondo e lottare, con coraggio ed amore; fuori dalla notte di brace, della febbre fratricida e del rancore.
Voglio sventolare il mio straccetto al sole di una domenica mattina, come volendo dire: ben ritrovati, buon risveglio.

Rifiuto ad alta voce, da poeta contro l’oblio e organizzatore dell’e-book contro la minaccia incostituzionale e per la resistenza della memoria repubblicana, l’ottusità pericolosa e suicida, di chi pensa che nemici siano gli uomini, e non la storia da cambiare.

Davide Nota

giovedì 10 dicembre 2009

Su "Calpestare l'oblio": Stefano Sanchini

Lettera al proprietario della Mondadori
(forza, Italia rialzati!)


Italia falsa e scaltra di falsi prosatori
della vita fanno un romanzo basso e vile
inseguendo la fama e gli ori
indossano la maschera, sì, ma senza stile…

…e chi troppo ingrassa troppo mangia
col Foglio avvezzo ai vizi del potere
con violente parole incita alla rabbia,
nulla cambierebbe se scrivesse col sedere

infeltrito Giornale dalle oscure trame,
Libero è chi non serve il tiranno,
in questo paese dove tornata è la fame
a dire di scandali e festini per trarci nell’inganno

un presidente tutto sesso e barzalette
i suoi avvocati ha messo in parlamento
e cena con i boss del mondo e segrete sette,
l’apprendista muratore che ha edificato lo scontento,

e ci vuole tanta e troppa Fede
ché si predica meglio in tele che in chiesa
restiamo comodi e vengono in sede
uno per uno, senza confronto, di casa in casa

sono gli stessi dei tagli alla cultura
gli stessi della mondezza e degli appalti,
una dittatura di poteri oscuri che il potere oscura.
Caro Silvio, racconta come i tuoi colleghi pentiti

quel che sai, la storia di menzogne e offese
del telefono che squilla e dei volti sconosciuti,
ché una tua parola vera può salvare il paese,
liberati dall’omertà dalla male-dizione e i delinquenti

non avranno più l’Italia bella e piena di sorprese.

mercoledì 2 dicembre 2009

Su "Calpestare l'oblio": Raimondo Iemma

Non abbandoniamo l’esercizio del dubbio


In questi ultimi giorni, a seguito della pubblicazione della raccolta poetica “Calpestare l’oblio”, abbiamo a mio parere assistito all’ennesima rappresentazione di una lotta di potere. L’Unità, pur con il sicuro merito di aver pubblicizzato e sostenuto l’iniziativa, ha potuto accreditare tra le proprie fila una nuova voce a suo modo autorevole (mi chiedo tuttavia: un foglio di area pubblicherebbe oggi una raccolta di interventi contro, per esempio, il colonialismo “dolce” di Obama?). Dal loro canto, i quotidiani di centrodestra si sono affrettati a gridare a un’ulteriore persecuzione nei confronti del presidente del consiglio, questa volta da parte di un gruppo di poeti, vergognosamente bollati come anacronistiche macchiette. Mi chiedo e vi chiedo: pur non azzardandomi ad assimilare – per tenore del discorso e profondità del pensiero – i due campi, cosa rimane sotto questo polverone giornalistico (dunque strumentale)? È per davvero un’antologia “scomoda” quella che genera, nell’apparato giornalistico, le solite reazioni, le trite e automatiche prese di posizione?

La novità è semmai che a far scaturire una tale contrapposizione non sia stata la dichiarazione di questo o quel politico, ma un’e-book di poesia. È senz’altro un bene, ma non ancora una vittoria. Uscire dai binari dello scontro (e dello slang) giornalistico – utilizzato quasi sempre a scapito di un racconto obiettivo della situazione – ancora una volta non è stato possibile. Altro sarebbe (o, nella speranza, sarà) affrancarsi da qualunque vocabolario del potere. Sta dunque a noi autori chiudere il cerchio della discussione, e aprirne di nuovi, elevando ulteriormente la portata intellettuale del dibattito.

La rivolta nei confronti dell’etica di chi ci governa è infatti un elemento, fondamentale ma di per se non sufficiente, di una forma di resistenza che deve essere di più ampia portata. Per questo ho trovato importante, nel coraggioso intervento di D’Elia a La Zanzara, il riferimento al ruolo distruttivo dei mass media e alla necessità di considerare l’esistenza di quelli che Mandel’stam chiama amici e nemici della parola. È questo, io ritengo, il centro della questione culturale.

Dove risiede, oggi come sempre, la portata rivoluzionaria della poesia (non solo di quella frettolosamente definita come “civile”)? Nel fatto di non potersi piegare all’utilizzo corrente, utilitaristico, borghese, mediato del linguaggio dell’informazione e della comunicazione, ossia del potere. Essere altro, con altre parole, in altri luoghi, per altre vie. In questo stanno la forza e la vitalità (e, contemporaneamente, il punto di vulnerabilità a cui si appiglia chi la denigra) del fare poesia.

Le prossime occasioni di confronto, come ad esempio la presentazione fissata per l’8 gennaio a Roma, potranno e dovranno consentirci di muovere nuovi passi. Specialmente nell’ambito di un confronto, che Davide Nota e il gruppo de La Gru si stanno spendendo per mantenere vivo, in merito alla portata estetica, culturale e politica della poesia di oggi e alla rinnovata capacità di avere un peso nel dibattito pubblico. Una capacità che, a mio modo di vedere, passa sì attraverso le opere, ma anche dalla loro critica, pur se aspra e diretta.

Il mio è un augurio appassionato, rivolto al futuro e che, soprattutto, arriva dall’interno, da una persona che non si crede in alcun modo migliore degli altri. Una presa di posizione pubblica da parte di intellettuali non costituisca mai un evento episodico, né sia praticata sotto alcuna egida. Conciliare un ritorno all’influenza nel dibattito culturale e politico (nel suo senso più esteso) con il mantenimento dell’autonomia di pensiero e azione è senz’altro un’impresa non da poco, ma l’unica a cui è giusto e ragionevole ambire. E per farlo è indispensabile non abbandonare mai l’esercizio del dubbio.

Raimondo Iemma

Ecco perchè torna la poesia, caro Corriere

CALPESTARE L’OBLIO (2) LA VENDETTA


Stralciamo tre versi efficaci da Angelo Ferrante, poeta che vive a Perugia, classe 1938 (il suo ultimo e forte libro è del 2007, Dentro la vita, Moretti&Vitali):

VIVIAMO NEL SILENZIO, NEL RITRARSI

ALLA VEGLIA E AL SONNO, PER LA TENSIONE

A NUOVI PIÙ OSTINATI MOVIMENTI.

Visto che loro per anni hanno calpestato la nostra memoria, ecco lo scatto di Roberto Roversi: CALPESTARE L'OBLIO, che naturalmente è il loro. Noi siamo la sinistra, come il cuore del corpo italiano; loro sono la destra, il mal di fegato della nazione.

E grazie a L'Unità, che ha rotto il silenzio, pubblicando il nostro appello e le nostre poesie.

Come voleva Pasolini, non ci sarà più in noi neppure un'ombra di azione non intellettuale; questo significa che ci sarà solo la luce di un'azione intellettuale, perché per troppo tempo la sinistra, soprattutto la nuova, ha agito fisicamente e male, pensando poco. Dobbiamo recuperare tutto il vuoto di pensiero di un paio di generazioni, che della violenza fisica di auto-difesa e di offesa, fino alla violenza armata più atroce e idiota, hanno fatto il loro sconfitto vangelo, che ci ha portato fin qui.

Ecco perché torna la poesia, caro Corriere dei grandi omologanti, care e odiose gazzette sorprese e stizzite dai versi antifascisti di padri e figli e fratelli uniti. Torna perché torna il sentire (e il pensare) inerme, ma intransigente; e torna persino la violenza delle idee, che Rimbaud amava in Baudelaire. Torna l'unità civile dell'arte incivile, perché tenuta da sempre fuori dalla città.

Noi non siamo né soldati, né assoldati (e tantomeno da un partito), come gracchia qualcuno di destra, da Radio24. E non ci piace neanche come qualcun altro di sinistra, da La7, tiene stretto il microfono, per non darlo al ragazzo invitato per non poter parlare un poco disteso del NoB-day, e cioè della protesta di piazza contro Berlusconi del 5 dicembre 2009. Voi fate una radio e una tv troppo vostre, come i giornali del resto, perché siete uomini di prosa al quadrato e al cubo. Sono decenni che non invitate un poeta giovane o almeno non ottuagenario: Che tempo che fa, non può dirlo solo il cantautore convocato tre volte in un anno.

Quando inizierà un nuovo '68 dei media?

Attenti, che il vento sta girando, già in rete, la poesia si prenderà la parola e svelerà la noia immane della vostra prosa.

Calpestare l'oblio della poesia, è ora.

È ora che uniti in mille facciamo almeno un mezzo Pasolini, un intellettuale collettivo che vi dia del filo da torcere, che vi proponga l'ascolto dei sentimenti e dei pensieri italiani più vissuti e profondi; ma stando alla larga noi per primi dagli esilaranti siparietti autoreferenziali di tanti maestrini clericali o laicisti senza talento delle rivistine poetiche professorali che vivacchiano senza battere un colpo ormai da decenni.

È ora di risvegliarsi alla realtà.

Utopia!



Gianni D'Elia

Davide Nota

martedì 1 dicembre 2009

Tutti i link di "Calpestare l'oblio"

La Gru
http://www.lagru.org/index.php?option=com_content&task=view&id=103&Itemid=45

MicroMega
http://temi.repubblica.it/micromega-online/poesie-civili-contro-loblio/

L’Unità
http://www.unita.it/news/italia/91757/la_rivolta_dei_poeti_berlusconi_gi_le_mani_dalla_democrazia

Il Corriere della Sera
http://archiviostorico.corriere.it/2009/novembre/26/anche_Poesia_Trincea_suonando_Vecchi_co_9_091126007.shtml

Il Giornale
http://www.ilgiornale.it/cultura/le_poesie_contro_silvio_una_corazzata_potmkin/26-11-2009/articolo-id=401932-page=0-comments=1

Radio24 – La zanzara (1)
http://www.radio24.ilsole24ore.com/main.php?articolo=mannoia-donne-poeti-anti-berlusconi-parma-comune-case-chiuse

Il Foglio
http://www.ilfoglio.it/preghiera/313

Libero
http://www.libero-news.it/articles/view/596252

MicroMega (2) - Comunicato stampa de “La Gru”
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-differenza-tra-calpestare-loblio-e-calpestare-la-verita/

Radio24 – La zanzara (2)
http://www.radio24.ilsole24ore.com/main.php?articolo=guerra-civile-poesia-sigarette-pansa-mussolini-donne

Gli Altri
http://altronline.it/node/1387

*

Altre segnalazioni:

Reset-Italia
http://www.reset-italia.net/2009/11/11/30-poeti-italiani-contro-la-minaccia-incostituzionale-per-la-resistenza-della-memoria-repubblicana/

Slowforward
http://slowforward.wordpress.com/2009/11/30/su-calpestare-loblio/

Illibertino
http://illibertino.blog.lastampa.it/illibertino---giornale-di-letteratura/2009/11/poesie-contro-berlusconi-unantologia-online.html

domenica 29 novembre 2009

Tutti vogliono la poesia, ma guai a toccare la politica


Piovono critiche e sfottò su “Calpestare l’oblio”, l’antologia di 42 testi accusata di essere antiberlusconiana

La poesia c’è e sta facendo incazzare il Palazzo. Un e-book di poesia dal titolo Calpestare l’oblio, che raccoglie quarantadue testi di trenta tra i principali poeti di oggi (Roberto Roversi, Gianni D’Elia, Alberto Bellocchio, Giuliano Scabia), nato per iniziativa del giovane e battagliero sito di poesia La Gru (www.lagru.org), poi diffuso sui siti di Micromega, Reset e dell’Unità, sta mandando in cortocircuito la stampa italiana.

Fioccano gli articoli per criticare l’operazione: l’accusa più citata è quella dell’ennesimo gesto antiberlusconiano. In realtà si tratta di poesia che parla delle lacerazioni dei nostri giorni: Berlusconi c’entra perché è uno dei principali attori, se non responsabili. Ma quello che sorprende di più è come un’antologia di poesia susciti tutta questa agitazione. Manco se tra i poeti figurasse l’esimio Sandro Bondi. Forse c’è qualcosa di più profondo. Detto molto brutalmente: forse l’alzata di scudi che c’è stata evidenzia il problema dei problemi? La volontà cioè da parte di questo governo, con le sue propaggini informative, di azzerare il senso critico e rendere l’omologazione l’unico modo di agire e pensare. Questo Governo ci vuole tutti lobotomizzati. E l’idea che un mezzo di comunicazione da sempre ribelle e critico come la poesia – che è, sì, apparentemente sommersa e nascosta ma in realtà gode di grandissima salute e grandissima energia – possa mettere in luce tutto ciò, fa tremare le vene ai polsi di politici, governanti, direttori di giornale compiacenti e mass media più o meno a zerbino.

Perchè una cosa questi signori la sanno. Sanno che i giovani vogliono poesia. Gli adulti vogliono poesia. Tutti vogliono poesia. Contro il grigiore dei propri tempi e delle proprie vite. Cioè tutti vogliono vivere emozioni, pensare con il proprio cervello, comunicare e confrontarsi.

Il problema allora qual è? Che questo vuoto esistenziale viene di solito colmato con quello che c'è, che è di pessimo livello: da X Factor al Grande Fratello, da Porta a Porta ad Amici. Però se c'è qualcosa di intenso e profondo, gli italiani lo scelgono con piacere: emblematico il caso dello special con Saviano che ha fatto più ascolto di X Factor.

Che i giornali di destra si sentano in dovere di attaccare (attaccare, non criticare) l'antologia non è poi così prevedibile. Si diceva: la poesia è scomparsa dai quotidiani. Certo, quella innocua, petrarchesca, che non dà fastidio - cioè il 99,9% ahimè della poesia italiana. Ma quella che si confronta con la realtà, con la politica, quello 0,1%, be' quella percentuale per quanto bassa è maledettamente fastidiosa. A quanto pare.

Che sul Corriere della Sera si scomodi addirittura un pezzo da novanta come Pierluigi Battista, ci sembra eloquente. Poi c'è l'approccio generale dei giornali, che è quello tipico della censura quando vuole apparire distaccata e neutra: lo scherno. E questo è piuttosto preoccupante: non si critica l'operazione in maniera seria e dettagliata (legittimo, anzi quanto mai auspicabile), ma si cede allo sfottò. Dunque si scelgono i versi meno riusciti su centinaia di versi efficaci e memorabili, per puntare il dito e dire: "Vedete, che inutile e compiaciuta retorica!". Veramente la retorica è nelle canzonette e nei filmetti che tutti i mass media si precipitano a celebrare ogni giorno. Si tirano in ballo i grandi poeti della passata tradizione civile, come a dire: "Loro sì che valevano".

Veramente proprio quei grandi poeti civili or ora menzionati subivano ai loro tempi lo stesso trattamento, se non di peggio. Insomma non si elabora un pensiero, ma si producono degli slogan. Quando invece quell'antologia basterebbe leggerla, per scoprire che ci sono poeti di livello internazionale come Roberto Roversi, il decano dei poeti italiani, amico intimo di Pasolini; Gianni D'Elia, amato da Luzi e Fortini; Alberto Bellocchio, fratello del regista Marco e finissimo poeta; Franco Buffoni, illustre comparatista che le migliori tradizioni ci invidiano; Stefano Sanchini, brillante filosofo emigrato in Francia, etc.

Un po' come se - si parva licet - della Divina commedia si scegliessero i cinque o sei versi meno riusciti per dire: "Ma guardate che schifezza, quel Dante non sapeva tenere la penna in mano". Be', troppo facile. Inutile dire che un atteggiamento del genere fa torto all'intelligenza degli estensori degli articoli.

Loro, ovviamente, non lo ammetteranno mai, ma forse c'è qualcosa che li infastidisce nel profondo. Perchè, evidentemente, c'è qualcosa nel cuore e nella testa degli italiani che non si riesce ancora a controllare e orientare come si vorrebbe.

Forse questo e-book, nato in modo così artigianale e naturale, è l'inizio di qualcosa di nuovo e importante. Che è poi qualcosa di antico e vitale: vivere, emozionarsi, sentire, pensare.


Flavio Santi (Gli altri, 29 novembre 2009)

venerdì 27 novembre 2009

Comunicato stampa: La differenza tra calpestare l’oblio e calpestare la verità

La differenza tra calpestare l’oblio e calpestare la verità
Comunicato stampa
In questi giorni abbiamo assistito ad un piccolo miracolo, un feroce ed organizzato attacco da parte degli organi di informazione legati al potere politico (Il Giornale, Il Corriere della Sera, Libero, Il Foglio, La zanzara) contro un e-book di poesia, “Calpestare l’oblio”, liberamente scaricabile dal sito de “La Gru” (www.lagru.org), che consiste nell’unione di trenta poeti italiani “contro la minaccia incostituzionale, per la resistenza della memoria repubblicana”.
I toni sono per lo più dileggiosi e volti ad operare una riduzione macchiettistica finalizzata allo sfottò nei confronti dei partecipanti, dipinti come una “corazzata Potëmkin” (Il Giornale) di vecchi ed “oscuri” (Libero) poeti nostalgici del ’68 e carichi di “odio” nei confronti di Silvio Berlusconi (Il Giornale, Il Foglio), e nei confronti dell’operazione in sé rinominata “Poeti contro Silvio” (Il Giornale).
Alcune precisazioni.
1) I nomi
Al di là di autori più anziani e di facile riconoscibilità come Roberto Roversi (1923), Giuliano Scabia (1935), Alberto Bellocchio (1936), Maurizio Cucchi (1945), Franco Buffoni (1948) e Gianni D’Elia (1953), e al di là anche dei più giovani ma già conosciuti Alba Donati (1960), Giancarlo Sissa (1961) e Maria Grazia Calandrone (1964), l’antologia “Calpestare l’oblio” è costituita per i suoi due terzi da poeti della nuova generazione, nati negli anni ’70 ed ’80. Per la precisione, da alcuni dei suoi esponenti di maggiore rilievo come Flavio Santi, Massimo Gezzi, Marco Giovenale, Enrico Piergallini, Luigi Socci, Martino Baldi, Matteo Zattoni o Raimondo Iemma, di cui chiunque abbia una pur vaga familiarità con la storia critica della poesia italiana degli ultimi quindici anni è a conoscenza.
Domanda: le redazioni culturali dei quotidiani italiani di oggi hanno una pur vaga familiarità con la storia critica della poesia italiana degli ultimi quindici anni o la ignorano completamente?
2) Gli stili
Gli autori contenuti nell’antologia “Calpestare l’oblio” sono di diversa provenienza estetica, vale a dire che l’opera risultante è assolutamente eterogenea nei contenuti e negli stili di scrittura. Si va dall’intervento civile alla meditazione metafisica sul tema della memoria, dal poemetto espressionista alla radiografia post-human della mutazione antropologica, così come formalmente si passa dal metro tradizionale alla prosa ritmata, o dal genere lirico allo sperimentalismo narrativo.
Ridurre a genere anti-berlusconiano un’antologia vasta e densa di autori e di percorsi, è solo l’ennesima offesa che la destra italiana rivolge volgarmente alla poesia contemporanea.
Basti perlomeno ricordare il celebre intervento “Il poeta povero? Ormai è un falso mito” (Il Giornale), uno degli innumerevoli sfottò nei confronti dell’arte più umiliata, ferita ed offesa dall’ultimo trentennio di storia nazionale.
“Calpestare l’oblio” vuol dire anche che i nuovi poeti italiani non intendono più restare in silenzio di fronte allo sfacelo culturale del proprio Paese, sfacelo che se può essere definito sinteticamente “berlusconismo”, più propriamente è la Storia del trentennio dell’interruzione culturale e della colonizzazione televisiva della società italiana.
3) I temi
Contro questo Trentennio di interruzione culturale i poeti di “Calpestare l’oblio” si ribellano. Essi dicono anche che l’ideologia della separazione, per cui alla poesia sarebbe dato di occuparsi solo del bello e del poetico, è finita.
I poeti di “Calpestare l’oblio” reclamano il proprio diritto alla cittadinanza nella Polis del dibattito politico e culturale.
I temi del pretesto antologico (La memoria della Resistenza, la resistenza della memoria) sono definiti dal giovane storico Luigi-Alberto Sanchi in apertura dell’e-book “Calpestare l’oblio”, introduzione la cui lettura avrebbe forse consentito ai giornalisti che si sono occupati in questi giorni del caso dei “poeti in rivolta”, una lettura più pertinente e consapevole dei fatti.
4) “Calpestare l’oblio” non è un lavoro antologico concluso, l’azione va avanti e tutti i poeti italiani sono invitati ad unirsi inviando alla redazione de “La Gru” un proprio testo poetico che sottoscriva il nostro atto di rivolta culturale e poetica contro l’ideologia italiana della separazione, contro l’oblio dello spettacolo, per la resistenza umanistica e della memoria repubblicana.
Venerdì otto gennaio, dalle ore 18 sino a tarda notte, “Calpestare l’oblio” sarà un’assemblea di poeti ed intellettuali, con reading e concerto musicale, presso il locale “Beba do Samba”, nel quartiere San Lorenzo di Roma.
In tale occasione sarà presentata l’antologia rinnovata e definitiva di “Calpestare l’oblio”.
Con invito alla riproduzione e diffusione del comunicato
Per la Redazione de "La Gru", D.N.

lunedì 23 novembre 2009

La poesia al tempo di B.

Davide Nota [Il fatto quotidiano, 20 novembre 2009]


«Ma siamo oggi./ Gli individui esistono solo morti./ I borghesi sono tutti gli uomini./ I poeti, i soli uomini individui,/ sono spesso dei borghesi o dei morti.” (Gianni D’Elia, Non per chi va). La grande disfatta della poesia italiana contemporanea inizia nel 1975: Eugenio Montale riceve il Premio Nobel, Pier Paolo Pasolini viene barbaramente assassinato. Per l’ultima volta, sebbene per due motivi sciaguratamente dissimili, i volti di due poeti entreranno nelle case degli italiani. Per l’ultima volta la poesia italiana darà il suo contributo iconografico al sistema culturale e identitario nazionale. La seconda data chiave è il 1976: il movimento studentesco si guarda negli occhi durante il secondo ed ultimo Festival del Parco al Lambro di Milano, Telemilanocavo inizia a trasmettere via etere. Nel 1978, mentre le Brigate Rosse rapiscono ed uccidono Aldo Moro, Silvio Berlusconi acquisisce Telemilano. Ciò che segue è la storia del Trentennio (definizione di Giampiero Marano, su «La Gru», ed anche un titolo di prossima uscita di D’Elia) della interruzione culturale e della società dello spettacolo italiana.
Se la prima generazione del post-moderno poetico nazionale (Bellezza, Buffoni, Cucchi, De Angelis, Magrelli, D’Elia etc.) può ancora godere della disponibilità di alcuni grandi editori, di una capillare distribuzione per librerie e soprattutto di una discreta attenzione critica, la generazione successiva, quella dei cosiddetti poeti nel limbo (definizione di Marco Merlin), è la prima a vivere e subire integralmente la drammatica condizione dell’oblio totale del poeta all’interno della società italiana. Nel naufragio del disimpegno programmatico affoga la figura del poeta-intellettuale.
«Ma siamo oggi», à la fin de la décadence berlusconiana, in un Paese culturalmente devastato che ignora i propri poeti al punto da pensare che siano tutti morti.
Invece i poeti italiani esistono e resistono, nel sottobosco non rappresentato della Storia nazionale. Le nuove leve fertili e tradite.
Certo, siamo abituati ad una destra che, consapevole dell’inconsistenza critica del proprio avversario, cerca di vendersi come la cura al male da lei stessa procurato. E siamo anche abituati ad una sinistra sempre pronta ad imitare quello stesso male. Eccoci così di fronte al nuovo paradosso della storia ultima nostra: il mecenatismo culturale dei berluscones.
Le rubriche di critica poetica scompaiono dai giornali della sinistra italiana per trovare invece largo spazio su «Libero», «Il Giornale», «Avvenire», o su «Il domenicale» di Marcello Dell’Utri ed Angelo Crespi, attuale consulente del Ministro Sandro Bondi. In quota C.L. il poeta Davide Rondoni lancia e lega a sé tutta una generazione di autori di venti e trent’anni, al contempo fondando una e-fanzine di poesia e cultura militante, «ClanDestino-zoom», un cui recente editoriale titolava “Perché non possiamo non dirci berlusconiani”.
Dall’egemonia al revisionismo il passo è breve. Ed ecco le opere di Baudelaire, Rimbaud e Pasolini rilette e diffuse di pubblicazione in meeting secondo una chiave clericale e conservatrice, in un processo inarrestabile di dequalificazione terminologica, appropriazione iconografica e manipolazione ideologica. Intruppare per disinnescare, o per inibire. Un tempo avremmo tutto ciò chiamato “questione culturale”, perché poesia (insegnavano Vittorini e Fortini, dalle pagine de «Il Politecnico») non è soltanto il piacere di leggere bei versi ma quello, anche, di comprendere un’azione estetica, e perciò filosofica, e perciò politica, agita sul corpo del mondo.
Qualcuno dei nostri saprà ancora comprenderlo? Salviamo la poesia italiana dall’oblio dello spettacolo, e dall’abbraccio pesante dei suoi vecchi assassini.

venerdì 20 novembre 2009

Ivan Crico, Con il colore dell'amianto

CON IL COLORE DELL'AMIANTO

Costruivamo una vita, all’ombra
dei Cantieri. In alto, tuo padre
ed io, respiravamo una polvere chiara
di morte, colpo dopo colpo, mentre
il tetto dei nonni spariva, spariva
per proteggerci dal cielo quando con il colore
dell'amianto freddo soffiava il gelo da oltre
il confine. La polvere dalle fibre
delle tute a quelle del respiro

di tanti - alle fibre della fine
dei giorni ci incardinava prima, sempre
troppo prima del nostro tempo. Non aveva
mani come le nostre. Un cuore come il nostro
dai sogni visitato, chi nel nulla di ricche case
lontane non sporcava, come noi, le sue mani
per avere la luce dolce dai vigneti
sulla sua tavola

mentre ad un’altra luce - luce
a lui negata - ci consegnava.


Nella zona di Monfalcone, dove sono nato, la città che si vanta di costruire "le più grandi navi da crociera del mondo", quasi ogni famiglia ha almeno un parente ammalato o morto a causa dell'amianto. Si parla di 20.000 morti potenziali fino ai prossimi vent'anni ma moltissime sono le persone scomparse negli scorsi decenni senza conoscere la causa reale del loro decesso. Una strage silenziosa che non ha colpito soltanto gli operai ma, spesso, anche le mogli o le figlie che lavavano le loro caratteristiche tute blu (chiamate, nella nostra antica parlata bisiaca, "terlìs"). Una vera e propria divisa per intere generazioni, impiegata anche per fare i lavori di casa o nell'orto quando si andava in pensione. Una divisa senza medaglie, la cui unica decorazione era quella polvere lucente e assassina.L'uso dell'amianto era così diffuso e ovunque promosso che dai Cantieri Navali gli operai portavano a casa pezzi di scarto per riparare tubazioni, costruire piccole tettoie per le galline o i conigli. Un materiale facile da posare, economico, con cui si costruivano spesso anche tetti interi di capannoni o delle case più povere. Poi, quando si doveva sostituirlo, lo si sbriciolava a colpi di mazza. Con tutto ciò che ne consegue. L'innocenza di migliaia di persone è stata avvelenata da chi, nelle stanze segrete, conosceva da decenni la pericolosità tremenda di questo materiale. Dirigenti che si sono arricchiti a dismisura (costruendosi, anche qui, ville bellissime e ovviamente prive di strutture in amianto): strappando mariti, mogli, figli all'affetto dei loro cari. Persone che ancor oggi non hanno pagato (e forse non pagheranno mai) il loro conto. Ma molto si è fatto in questi anni e, in questo momento, qualche raggio di luce si profila all'orizzonte. Sempre troppo tardi, però. La vita non ha prezzo anche se qualche risarcimento, forse, arriverà. Chissà, vedremo.
*
Ivan Crico
Nato a Gorizia nel 1968, ha vissuto a Pieris fin dalla nascita. Attualmente risiede in un antico ed isolato borgo rurale del Friuli, a Tapogliano. Ha iniziato gli studi artistici nel 1981 diplomandosi in pittura all'Accademia di Belle Arti di Venezia.A partire dal 1983, ha iniziato ad esporre in numerose collettive in Italia e all'estero. Dal 1995 ha iniziato ad interessarsi anche alla decorazione antica e al restauro, lavorando in seguito a grandi lavori di ricostruzione di affreschi in prestigiose ville e palazzi storici. Dal 2002 è stato invitato a tenere dei corsi d'alta decorazione all'Istituto Statale d'Arte di Gorizia.Dopo essersi inizialmente segnalato come poeta in lingua, nel 1989 ha cominciato ad impiegare anche il nativo idioma veneto “bisiàc”, Suoi testi poetici e saggi critici sono apparsi, a partire dal 1992, sulle maggiori riviste italiane come "Poesia", “Lengua”, “Diverse Lingue”, “Tratti", "Frontiera”. Nel dicembre 1997 ha pubblicato Piture, a cura di Giovanni Tesio, per l'editore Boetti di Mondovì e nel 2003, per il Circolo Culturale di Meduno, con prefazione di Antonella Anedda, Maitàni (“Segnali di mare”). Nel 2006, per le edizioni del Consorzio Culturale del Monfalconese è uscita la plaquette “Ostane” (“Germogli di rovo”) e nel 2007 la raccolta "Segni della Metamorfosi" per le edizioni della Biblioteca di Pordenone. Nel 2008 ha pubblicato la raccolta "De arzent zu" per l'Istituto Giuliano di Storia e Documentazione di Trieste.Della sua poesia si sono occupati i maggiori critici italiani da Brevini a Tesio, da Villalta a D’Elia.Per diversi anni ha organizzato, nell'antica chiesa di Santa Maria in Monte a Fogliano (GO) incontri di poesia con poeti italiani, esteri e in dialetto accompagnati da importanti musicisti. Figura tra i nove autori selezionati per l’antologia "Tanche giajutis" curata da Amedeo Giacomini, che comprende i poeti più significativi nei dialetti e le lingue minori degli ultimi decenni del Friuli Venezia-Giulia. Suoi testi compaiono nell'antologia "I colors da lis vos" curata Pierluigi Cappello, Associazione Culturale Colonos, 2006, e nel libro "Cinquanta poesie per Biagio Marin", a cura di Anna De Simone, Fabrizio Serra Editore, Roma, 2009. Nel 2009 ha ricevuto il maggior riconoscimento dedicato in Italia ai dialetti e alle lingue minoritarie, il "Premio Nazionale Biagio Marin".

mercoledì 18 novembre 2009

Sono usciti i "Riscritti corsari" di Gianni D'Elia (Effigie, 2009)


Gianni D'Elia, Riscritti corsari (Effigie, 2009; 174 pp.)
a cura di Davide Nota
introduzione di Furio Colombo

*

"A noi hanno raccomandato un silenzio spontaneo, come se illegalità e istituzioni fossero la stessa cosa. Sta scritto in queste pagine che non abbiamo ubbidito; sta scritto in queste pagine che, benché invecchiati, benché molto meno giovani, non ubbidiremo." (Furio Colombo)

"Questo libro sia dunque la ferma testimonianza di una “resistenza culturale”, da parte della poesia italiana, contro l’omologazione della politica parlamentare. E siano anche, questi scritti, davvero un invito all'unità, di lotta e di speranze, perché Sinistra torni ad essere, innanzitutto, una Comune sentimentale, e non più soltanto un domicilio tecnocratico. Solo una nuova stagione di “Antropologia corsara”, e cioè di poesia e di analisi, marxismo eretico e nuovo umanesimo, cristianesimo socialista e passione illuministica per la verità, sarà in grado di risvegliare e rifondare questo nostro utopico Paese." (Davide Nota)

"E allora, eccoli qui, questi «Riscritti corsari», che sono anche un piccolo diario critico della poesia recente. La confusione democratica è sovrana, senza Unità della Sinistra e senza Unione del Centrosinistra. C’è chi corre solo, ma gli altri arriveranno. Non possiamo che essere dissidenti, come gli artisti nelle mansarde, a ribadire quattro no leopardiani: no al dominio del denaro; no al dominio dell’opinione (oggi immagine, società dello spettacolo); no al cinismo politico; no al trasformismo culturale. No al silenzio storico sulla nostra rovina collettiva." (Gianni D'Elia)

sabato 7 novembre 2009

OLOMETABOLIA - SIRIA BERTORELLI / BEATRICE PUCCI - SPONGE LIVING SPACE, MEZZANOTTE DI PERGOLA - ARTEINSCACCO, VERCELLI

Siria Bertorelli


Beatrice Pucci


dal 7 novembre al 5 dicembre 2009

inaugurazione 7 novembre ore 18.00
Sponge Living Space
via Mezzanotte 84, Pergola (PU)
+39 339 4918011
+ 39 339 6218128
www.spongeartecontemporanea.net
pressoffice@spongeartecontemporanea.net
Arteinscacco
via Morosone 18, Vercelli
+39 346 3914813
www.arteinscacco.it
info@arteinscacco.it

visita su appuntamento
artisti: Siria Bertorelli, Beatrice Pucci
curatore: Simonetta Angelini

La stagione espositiva 2009-2010 di Sponge Artecontemporanea al suo secondo appuntamento apre i propri spazi insoliti di creazione di senso alle suggestioni di Olometabolia, doppia personale con i lavori di Siria Bertorelli e Beatrice Pucci con la cura di Simonetta Angelini.
Il dialogo artistico diventa luogo di spostamento, di trasformazione della percezione, di comprensione del transito. Gli spazi di Sponge sembrano farsi bozzolo, luogo di alterazione di forma e senso.

Olometabolia è metamorfosi di insetto. Si è come l’enorme essere in mutamento di Kafka, come grandi lepidotteri dentro un bozzolo. È trasformazione, alterità di identità e di percezione. L’individuo perfetto esce dallo stadio di passaggio in forma completamente diversa rispetto allo stadio di partenza.
I linguaggi diversi delle due artiste, che lavorano con la grammatica dell’animazione in stop motion e con un fare da illustrazione che sa sovrapporre e dislocare con essenzialità, danno consistenza e densità al mistero del passaggio. L’arte sa abitare le soglie, i limiti, collocandosi arcanamente tra l’essere stato e non essere ancora, attraverso la deviazione e il dislvelamento, attraverso un percorso dentro un bozzolo, dentro un passaggio.

L’inaugurazione di Olometabolia è prevista per il giorno 7 Novembre 2009 alle ore
18.00 contemporaneamente negli spazi Sponge di Pergola e della galleria Arteinsacco di Vercelli. La mostra sarà visitabile fino al 5 dicembre 2009.
Per informazioni consultare il sito: www.spongeartecontemporanea.net

la recensione su exibart

venerdì 30 ottobre 2009

ATTRAVERSO - GIOVANNI TERMINI - FUORIZONA ARTECONTEMPORANEA, MACERATA


dal 31 ottobre 2009 al 3 gennaio 2010
inaugurazione 31 ottobre ore 18:00
fuorizona artecontemporanea
via Padre Matteo Ricci, 76 - 62100 Macerata
www.fuorizona.org
fuorizona_ac@yahoo.it
tel: 0733230818 - 3339535026
artista: Giovanni Termini
curatore: Alberto Zanchetta
orario: dal martedi al sabato 16-20


Fuorizona artecontemporanea presenta la personale di Giovanni Termini. Una struttura occupa quasi tutto lo spazio a disposizione. Tubi zincati si incastrano a formare una specie di pedana. Il desiderio di cambiare il proprio punto di osservazione, di salire e passare, viene reso impossibile dalla presenza di tre casse, due di legno e una di vetro. Alla parete una forma, ottenuta usando materiale plastico adesivo. L’artista invita, costruisce, delimita, ma allo stesso tempo impedisce, destruttura, apre. Un fare sottile, ironico, che afferma negando. Viene creato un luogo in cui la relazione reciproca tra lo spazio e i corpi muta costantemente. Si resta in attesa.

Giovanni Termini (Assoro, EN, 1972) si è diplomato presso l’Accademia di Belle Arti di Roma.
Tra le mostre collettive: Segnare/Disegnare (Roma, 2009), XV Quadriennale di Roma (Roma, 2008), 1 Premio Internazionale Giovani Scultori (Milano, 2006); V Premio Internazionale Regione Piemonte (Torino, 2005); Marche Campo Giovani (Fano, Pu, 2005); Materika (Gorizia e Nova Gorica, 2005); Premio Suzzara (Suzzara, MN, 2004); Premio Salvi (Sassoferrato, AN, 2002); Open Air Sculptures (Passo del Furlo, PU, 2001), Il Senso e la Misura (Pesaro, 2001).
Tra le mostre personali: Attraverso (Macerata, 2009); Zero (Bologna, 2008); Dove tutto è niente (Pietrarubbia, Pu, 2007); Tre di Tre (Serra dei Conti, AN, 2006); W lo S.P.A.C. (Frontino, PU, 2004). Vive e lavora a Pesaro.

lunedì 26 ottobre 2009

La "Gru" vola su Siviglia









Breve nota biografica dei collaboratori:


ALBERTO GIULIANI: fotografo, fotoreporter.
Con le sue immagini ha raccontato i grandi eventi del nostro tempo. Dalla diaspora del popolo Tibetano alla guerra in Afghanistan, dalla crisi economica in Argentina alle sterilizzazioni forzate in Perù. Già premi: Canon e Agfa. Nel 2003 assieme al musicista Cesare Picco e all’attore Gioele Dix porta in scena uno spettacolo teatrale dal titolo Viaggio a Samarcanda, che debutta al Teatro Piccolo - Milano. Nel dicembre 2008 pubblica insieme a Filippo Romano, per Amnesty International, il libro Cina Tibet nella collana “un fotografo per i diritti umani”. Nel 2008 Nextonothing diventa anch’esso uno spettacolo teatrale che debutta al Festival di Ravello. Dal gennaio del 2007 Giuliani concentra i suoi lavori su tematiche legate alle mafie del nostro paese, raccolti in un progetto chiamato Married to the Mob.
ROBERTO SAVIANO ha scelto le sue foto per parlare, appunto di Mafia.

MARIO MARIANI: pianista, compositore.
Compositore per cinema, teatro, televisione. Ha già lavorato con Riz Ortolani, Azio Corghi e Luis Bacalov. Dal 1999 al 2001 e nel 2005 ha composto la sigla d’apertura per la “Mostra del cinema” di Venezia. Nel 2009 ha composto la sigla d’apertura per la “Mostra del cinema” di Pesaro. Ha composto le musiche di scena per Il Borghese Gentiluomo di Molière, regia di G.Solari con Giorgio Panariello prod. Stabile delle Marche, per Crimini Esemplari di Max Aub. Nel 2004 ha scritto le musiche del lungometraggi “Tu devi essere il lupo” di Vittorio Moroni. Nel 2007 ha composto le musiche per il film “Sotto il mio giardino” del regista Andrea Lodovichetti, vincitore del concorso “Babelgum Online Film Festival”, evento collaterale del Festival di Cannes di quell'anno, presieduto da Spike Lee. Nel 2009 ha scritto le musiche per il film documentario: “Eva e Adamo” di Vittorio Moroni.

PAOLO FRATERNALI: pittore, incisore.
E’ docente di Tecniche dell'Incisione-Grafica d’Arte presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia. Ha insegnato Tecniche dell’Incisione all’Istituto Statale d’Arte di Urbino e nelle Accademia di Belle Arti di Urbino, Macerata, Palermo, Catanzaro, Sassari, Lecce. Tra le sue personali ricordiamo: 1993 Gallerie Girshner in Worpwede (D). 1997 Gallerie Bongardz Showroom und Gallerie Hannover (D). nel 2009 ha esposto nella Galleria il Paradiso, Giardini della Biennale, Venezia.

CLAUDIO TACCHI
: regista, sceneggiatore.
Si specializza a Milano presso la UBIK visual effects nell'arte degli effetti speciali digitali, nel compositing e della postproduzione. Da anni realizza videoclip musicali (X-mary, Altro, Camillas, Damien*), cortometraggi (L'Estate Fredda, Colpo Gobbo, Un borgo sostenibile), animazioni (Cane nero, XYZ), e spot pubblicitari. Attualmente lavora come regista, sceneggiatore, direttore della fotografia, direttore artistico, artista del composting presso la NEO

MARCO LIVI: web designer, arti grafiche.
Dal 2003 al 2007 è stato vice presidente Associazione Culturale Shape, una associazione nata a Bologna che si occupa di organizzazione eventi, promozione culturale di festival e dj-set. Ha partecipato alla realizzazione del Festival Robot di Bologna, nella sua prima edizione, come direttore artistico per la Visual Art.

LUCA CLEMENTI: docente, traduttore.
Nel 2003 si trasferisce a Siviglia dove vive per diversi anni: qui si specializza nella didattica della Lingua spagnola presso l'Università di Siviglia (2007) approfondendo alcuni aspetti di Linguistica e glottologia. Ha collaborato come traduttore per El Chilango Andaluz, rivista on-line di poesia.. Lavora come docente di Lingua Spagnola presso L'istituto "G.Leopardi" di Pesaro.

Javier Villasenor: poeta, traduttore di Città del Messico.
Ha già collaborato come organizzatore e traduttore per El Chilango Andaluz. Nel 2001 ha diretto il cortometraggio Trazando el Cielo (Celestino Producciones, 2001), selezionato per partecipare al Festival internazionale del Cinema Expresión en Corto (Guanajuato, 2001). Vive a Chicago dove lavora nell'Istituto di cultura del Consolato generale del Messico.

sabato 24 ottobre 2009

IN HOC TEMPORE - FRANCESCO INSIGNA - GALLERIA MARCONI, CUPRA MARITTIMA



dal 25 ottobre al 22 novembre 2009

inaugurazione 25 ottobre ore 18.00
Galleria Marconi
corso Vittorio Emanuele 70, Cupra Marittima (AP)
www.siscom.it/marconi
galleriamarconi@vodafone.it
ingresso libero
artista: Francesco Insigna
cura e testo critico: Renato Bianchini


Alla Galleria Marconi di Cupra Marittima proseguono gli appuntamenti della rassegna “Non lo so e non lo voglio sapere”. Dopo il successo dell’esposizione di Giuseppe Restano domenica 25 ottobre alle 18.00 si inaugura In hoc tempore, personale di Francesco Insinga. La mostra, organizzata in collaborazione con la Galleria White Project di Pescara, è curata da Renato Bianchini autore anche del testo critico.

“Il tempo dell’arte ha un’estensione tutt’altro che immobile, i suoi confini sono invisibili, solo l’artista può riconoscerli perché il suo agire è imprevedibile. Il suo presente appare sempre incompiuto perché non è garante di alcuna certezza. Il suo andamento tende in continuazione ad arretrare per poi riavvicinarsi, anzi, attratto dal suo stesso sguardo, compie un movimento all’indietro come per voler meglio comprendere il significato dell’interpretazione. Improvvisamente, avviene che l’opera appare come una meraviglia in divenire e, l’evento all’indietro si trasforma in presenza inquietante, che per essere visualizzata richiede una prospettiva illusionistica.” (Renato Bianchini)

Non lo so e non lo voglio sapere non è solo una risposta, è anche una provocazione, un atteggiamento e in fondo una forma di agnosticismo, che nel caso dell’arte potremmo definire culturale. È un modo per affrontare i grandi quesiti dell’umanità: da dove veniamo? Dove andiamo? Perché il dolore? Perché le patate al forno sono sempre troppo poche? Una risposta spesso comoda, a volte sconvolgente, che esprime una volontà di ignoranza che è molto lontana dall’affermazione socratica che il vero saggio è colui che sa di non sapere. Non c’è nessuna tensione alla conoscenza, nessuna curiosità, solo distacco e indifferenza. Spesso davanti a una proposta di tipo artistico questa frase arriva e fa un po’ male. Chi la adotta può sembrare un po’ fuori dal tempo, ma in verità spesso appartiene a una maggioranza, nemmeno troppo silenziosa. Sarebbe legittimo adesso rispondere alla domanda: perché intitolare in questa maniera una rassegna di mostre? La risposta in fondo è già nel titolo

The appointments of the programme “I don't know and I don't want to know” are going on at Marconi Gallery of Cupra Marittima. After the successful exposition of Giuseppe Restano, on Sunday 25th October at 6.oo p.m. there will be the opening of Francesco Insinga sole exhibition. The exposition, organized in cooperation with White Project Gallery of Pescara, is curated by Renato Bianchini, who is the author of the critical text as well.

“The time of art has a kind of expansion, which isn't absolutely unchangeable, its boundaries are invisible, only the artist can recognize them, because his operation is unpredictable. His present seems always unfinished because he doesn't give any certainity. His progress continuously tends to withdraw and then to get close again. Attracted by his own glance, he even moves back as if he wanted better understand the meaning of the interpretation. Suddenly, the work seems to be a growing wonder and the backward event turns into a worrying presence, which needs an illusionistic perspective in order to be viewed." (Renato Bianchini)

I don't know and I don't want to know isn't just an answer, it's also a provocation, an attitude and, after all, a kind of agnosticism, that about art we could say cultural. It is a way to face the great questions about mankind: where do we come from? Where do we go? Why sorrow? Why baked potatoes are never enough? An answer which is often convenient, sometimes upsetting. It expresses the will of ignorance, that is very far from the Socratic statement following which, the real wise man is the one who knows he doesn't know. There isn't any will for knowledge, no curiosity, only detachment and indifference. This sentence is often made in front of an art proposal and it hurts a little. The one who says it may seem a bit out of the time, but he really is often one of the not too much silent majority. It would now be legitimate to answer the question: why such a title for a program of expositions? The answer is already in the title, after all.

domenica 18 ottobre 2009

LA GRU AD INNSBRUCK

Programm Wintersemester 2009/2010
Programma semestre invernale 2009/2010

Università di Innsbruck
Italien-Zentrum

http://italienzentrum.uibk.ac.at






mercoledì 14 ottobre 2009

Workshop de "La Gru" ad Innsbruck



Datum: Freitag, 16. Oktober 2009
Uhrzeit: 14.00-17.00 Uhr
Ort: Seminarraum 50109/3 Universitaet Innsbruck - "GEWI-Turm", 1. Stock, Innsbruck
Veranstaltet von: Italien-Zentrum Universitaet Innsbruck
http://www.iicinnsbruck.esteri.it/IIC_Innsbruck/webform/SchedaEvento.aspx?id=311

Relatori:
Gianluca Pulsoni e Davide Nota

Programma:
Presentazione del progetto La Gru
Presentazione del panorama contemporaneo delle riviste e dell'editoria in Italia
Il metodo della polifonia: dalla letteratura agli studi politico-culturali
Laboratorio per gli studenti di scrittura giornalistica e organizzazione redazionale
La storia recente della poesia contemporanea in Italia
La ricerca sulla poesia ne La Gru

sabato 10 ottobre 2009

IL PAESE DELLA SERVITU’ VOLONTARIA

di Gianni D’Elia ("Il fatto quotidiano", 10 ottobre 2009)

Se l’ideologia è la distanza tra ciò che si è e ciò che si dice di essere, bisogna tornare all’analisi delle parole che dicono il loro contrario. Dopo la Casa delle Libertà, il Partito della Libertà, eccoci giunti al Popolo della Libertà. Facciamo l’antìfrasi. Il riassunto degli ultimi quindici anni merita ormai una definizione storico-linguistica, che attinga alla storia (francese) della cultura e della critica umanistica del dispotismo politico; si pensi all’opera di Étienne de La Boétie (1530-1563), intitolata Discorso della servitù volontaria, composta giovanissimo nel 1546 o nel 1548, e pubblicata postuma grazie al suo erede testamentario e amico Montaigne nel 1574, manifesto della libertà protestante. "La distanza tra ciò che gli uomini sono e ciò che dicono di essere" (Franco Fortini) deve far sostituire alla parola libertà il suo contrario; avremo così il rovescio della falsità, la verità storica e presente dell’Italia, dal plurale della Casa delle Servitù al singolare del Partito della Servitù, e, ancora più pregnante per il nostro riferimento, l’irresistibile Popolo della Servitù.
Il celebre libello di La Boétie, composto "in onore della libertà contro i tiranni", fu da allora ribattezzato prontamente "Il Contro Uno" e spesso riutilizzato nella storia francese come appello alla rivolta contro l’autorità costituita: diritto e dovere di difesa. E tuttavia, cosa oggi assai più interessante per noi, dopo la rovina della strategia e della tattica rivoluzionaria comunista, la resistenza alla miseria e all’oppressione non passa, secondo La Boétie, attraverso la violenza e il delitto, ma attraverso la coscienza e la sua diffusione, contro l’unico Maître, Signore e Padrone.
La servitù dei popoli è infatti volontaria, perché "non si può dubitare che noi siamo naturalmente liberi, dato che siamo tutti compagni, se non può cadere nell’intendimento di nessuno che la natura abbia messo qualcuno in servitù, avendoci tutti messi in compagnia.": pare il cuore della Ginestra leopardiana, il "vero amor", "gli uomini confederati", contro i deliri razzisti e sciovinisti delle fasulle identità padane dei leghisti nostrani.
Il "Discorso" è infatti una difesa della dignità umana, e dei suoi inalienabili diritti individuali e collettivi, civili, religiosi. La Boétie elenca tre tipi di tiranni, che derivano da tre tipi di fonti, azioni e funzioni: elezione (popolo), forza (violenza delle armi), successione (dinastia).
A questi tre tipi di tiranni corrispondono dunque tre tipi di servitù: elettiva, armata, dinastica.
La servitù elettiva è quella che ci riguarda, perché è quella volontaria della democrazia mediatica e parlamentare che viviamo. La servitù del popolo italiano è volontaria; sono i cittadini che "si tagliano da soli la gola" e che, accettandone il giogo, snaturano la natura umana e democratica: la maggioranza degli italiani. Gli italiani sfuggiranno dunque alla loro orribile soggezione, soltanto riconquistando la loro prima verità, la loro "natura franca". Da questo risorgimento ontologico, contro la restaurazione politica, dipende la grande peripezia della vita civile che, in una prospettiva di nuovo contrattualista e concreta, farà di ogni cittadino un uomo e non un suddito, il solo artefice del mondo politico, non più delegato né a Dio né ai suoi luogotenenti, "unti del Signore", Padrone e Servi, e masse manipolate.
Secondo La Boétie, più moderno di tutti i moderni, la risorsa e il segreto del dominio, il sostegno e il fondamento della tirannia, consistono in definitiva nel servaggio reciproco degli uni attraverso gli altri, anche se poi "sono sempre quattro o cinque che mantengono in piedi il tiranno, quattro o cinque che tengono tutto un paese in servitù". Andati da lui, o chiamati da lui, "è sempre accaduto che cinque o sei abbiano avuto l’orecchio del tiranno", e siano stati i suoi complici di potere e compagni di piacere, i procacciatori delle sue voluttà, i beneficiari comuni di tutti i saccheggi…
Il monopolismo italiano risulta illuminato, anche nella sua trasformazione, da economico a sociale e politico, se il messaggio di La Boétie arriva fino a Baudelaire, sdegnato di Napoleone III (al pari di Victor Hugo: "dopo il grande tiranno, il piccolo tiranno"). A noi il paragone tra il primo Napoleone e il terzo suggerisce quello tra il primo Cavaliere e il secondo.
"Contro la separazione dei fenomeni" (Pasolini), vediamo l’insieme.
Dopo Mussolini, Berlusconi è il caso italiano più esasperante. Ascoltiamo Baudelaire, da Il mio cuore messo a nudo [XXV, 44]: "Insomma, davanti alla storia e di fronte al popolo francese, la grande gloria di Napoleone III sarà stata quella di provare che il primo venuto può, impadronendosi del telegrafo e della Stampa nazionale, governare una grande nazione.
Imbecilli quelli che credono che simili cose si possano realizzare senza l’assenso popolare, così come quelli che credono che la gloria non si possa fondare che sulla virtù.
I dittatori sono i domestici del popolo, niente di più, un fottuto ruolo, del resto, se la gloria è il risultato dell’adattamento di uno spirito tale alla stupidità nazionale.".
Il primo venuto si è impadronito, da noi, non del telegrafo, ma della televisione e della Stampa nazionale, e quindi del governo. Anche noi non siamo imbecilli e sappiamo che l’accondiscendenza del popolo italiano è fondata sul voto e sul fascino del reato e del vizio che il piccolo tiranno italiano di oggi incarna, per tutti gli evasori e i puttanieri della nostra sterminata piccola borghesia arricchita e razzista: è la sua gloria, e la loro. L’adattamento alla stupidità nazionale dice che la questione italiana, purtroppo, è una questione di servitù volontaria degli italiani, più che della loro classe politica, di una buona metà. Sarebbe bello poter dire, a compenso, la famosa frase del film: "E’ la stampa, bellezza!". Purtroppo, anche la stampa dovrebbe scioperare contro la maggioranza di se stessa, perché finisca l’Italia della servitù volontaria che ci soffoca, se, secondo Pasolini, noi non sapremo mai, ma almeno diremo la verità: "Ora, quando si saprà , o, meglio, si dirà, tutta intera la verità del potere di questi anni, sarà chiara anche la follia dei commentatori politici italiani e delle élites colte italiane. E quindi la loro omertà." ("Il Mondo", 28 agosto 1975).
Questa è la lettera luterana che dovremmo impugnare, nel conflitto dirompente tra l’interesse al silenzio e l’interesse al dissenso della verità politica, contro la pratica politica di sempre.